L'intervista al prof. Omero Affede, docente, attore e praticante di arti marziali. Ecco a voi la piacevolissima chiacchierata!

A cura della redazione di talk in culture: Filippo Mancuso, Marco Pappacena e Jacopo Centofante.

Lei come si definirebbe?

Per rispondere alla vostra domanda devo partire dalle origini della mia passione che mi è stata trasmessa da Anatolij Vasil’ev, il quale diceva che un buon attore deve essere un monaco, ma non un monaco tradizionale, nel senso che servono lo stesso rigore e la stessa disciplina che hanno i monaci. L’attore deve riuscire a collegare corpo e mente come i monaci, bisogna lavorare anche con la propria spiritualità”.

Come si è avvicinato al mondo delle arti marziali?

Le arti marziali le ho scoperte grazie ai miei maestri di teatro”.

Nella sua vita che importanza hanno le arti marziali?

Nella mia vita, le arti marziali mi aiutano a entrare in un’altra dimensione e a fermare il tempo attorno a me. Secondo me le arti marziali, come diceva un monaco, sono una sorta di preghiera in cui si entra in contatto con le persone e la natura”.

Perché ha deciso di cambiare stile di vita?

Non si può parlare di un cambio netto, ma più che altro di una trasformazione. Ci rientro sempre in quella dimensione di preghiera quando insegno ai miei ragazzi il tai-chi. Divenni monaco quando tornai verso casa e mi fermai a Camandola: mi innamorai dei monaci camaldolesi dopo essere stato a Padova, dove fui cacciato per colpa dell’autonomia operaia perché ebbi l’ardire di oppormi. Cambiai stile di vita anche perché mi innamorai di una giovane suora; per superare la cosa mi iscrissi a filosofia dove mi laureai”.

Qual è stato il viaggio più importante anche dal punto di vista spirituale?

Il viaggio più importante è stata la nascita di mia figlia. Con il teatro ho viaggiato in quasi tutto il mondo, ogni viaggio è stato importante come se avesse sbloccato nuove parti della mia anima”.