La redazione di “Radio-Magazine Porta-Mi con te” ha intervistato la professoressa Anna Picardi, insegnante di lingua francese del nostro istituto. Con lei abbiamo parlato di emozioni

I ragazzi della redazione hanno intervistato Anna Picardi, professoressa di francese della scuola e nostra graditissima ospite. Con lei hanno parlato di passione per le lingue straniere, di rabbia e di amicizia. Alla fine da intervistatori si sono ritrovati loro stessi a essere intervistati. Ma questo è il rischio che si corre quando ai microfoni si porta un docente che le domande, di solito, è abituato a farle

Buon pomeriggio professoressa Picardi. Benvenuta in radio. La vediamo emozionata quindi magari possiamo iniziare parlando di qualcosa di familiare. Perché non ci racconta un po’ di lei, di come è nata la passione per le lingue straniere e per il francese in particolare?

“Questa sì che è una bella domanda. Anche perché, in realtà, ricordo benissimo perché ho scelto la facoltà di Lingue alla fine delle scuole superiori. Dopo il liceo, infatti, avevo molti interessi ma fin da piccola ho sempre avuto una passione: la voglia di comunicare, la curiosità di sapere gli altri quando parlavano cosa si stessero dicendo. Ho sempre voluto entrare in contatto con persone che vivevano in altri posti e di conoscere. Attraverso le lingue vedevo il mondo intero diverso, colorato”.

A proposito di colori: spesso il nero viene associato all’emozione della rabbia. E in questo periodo in Francia ci sono molte persone arrabbiate che sono scese in piazza a manifestare. Le va di spiegarci cosa sta accadendo e cosa ne pensa?

“Sicuramente la rabbia che in Francia, a causa delle proteste contro l’innalzamento dell’età pensionabile, si è trasformata in violenza è una cosa negativa. Però di base la rabbia è una delle emozioni primarie, come la gioia e l’amore, per cui io penso che va bene se c’è la reazione di rialzarsi dopo essere caduti, se convogliata e guidata per arrivare a degli scopi diversi. Quindi rabbia, se significa rivendicare dei diritti, come per esempio durante la Rivoluzione Francese, credo sia qualcosa di positivo. Da parte mia c’è infatti una grande stima per il popolo francese che da sempre ha dimostrato di saper canalizzare la rabbia per la rivendicazione di alcuni diritti importantissimi. Ma tutto questo, senza violenza. Perché la violenza è sempre da condannare. Quando c’è violenza non si parla più di rabbia, quello è altro”.

Rimanendo sempre in tema emozioni, c’è un brano, tema, racconto che più di ogni altro secondo lei parla di amicizia e che consiglierebbe?

“Ce ne sono sicuramente tanti. Ma oggi vorrei citare quello che spesso porto anche nelle mie classi ovvero il dialogo sull’amicizia tra il piccolo principe e la volpe nel testo di Antoine de Saint-Exupéry. Quando il piccolo principe chiede alla volpe di essere sua amica e di giocare insieme, lei gli risponde che prima deve essere addomesticata, che significa creare dei legami, ma non catene come per gli animali del circo, legami che ti fanno riconoscere la persona che può essere tua amica in mezzo a tante altre. Perché sai che con questa persona anche solo attraverso uno sguardo, senza parlare, ci si capisce. Quindi amicizia non è materialità, non è convenienza, non è nemmeno necessariamente quotidianità. Ad esempio, per me l’amicizia è creare un legame: anche se ti capita di non sentire una persona per tanto tempo quando la incontri di nuovo ti sembra siano passati pochi giorni. Tra l'altro ho saputo che alcuni di voi hanno visto lo spettacolo a teatro proprio sulla storia de “Il Piccolo principe”. Quindi adesso tocca a voi raccontarmi delle vostre emozioni: com’è stato? Cosa avete provato?”

Questa inversione di ruoli un po’ ci ha spiazzato, non eravamo noi a fare le domande? Benché colti alla sprovvista rispondiamo: lo spettacolo è stato bello e anche se il regista ha rivisitato un po’ la storia aggiungendo alcuni personaggi come un fungo e delle danzatrici il risultato non ci è dispiaciuto